Centinaia di rifugiati siriani hanno iniziato a lasciare il Libano per tornare in Siria, nell’ambito di un piano di rimpatrio criticato dalle organizzazioni internazionali, in cui si prevede che circa 15.000 persone al mese lasceranno il Paese da vari punti, tra cui Arsal, Nabatiye e Tripoli.
Il ministro degli Affari sociali libanese uscente, Hector Hayar, ha annunciato martedì che il graduale rimpatrio dei rifugiati siriani stabilitisi in Libano sarà «volontario e sicuro», di fronte alle diffuse critiche delle ONG.
Secondo la Sicurezza generale libanese, almeno 751 rifugiati siriani dovrebbero tornare nel loro Paese nel corso della giornata, principalmente da Arsal, una piccola città montuosa a 124 chilometri a nord-est di Beirut, la capitale, ha riferito la DPA.
«I cittadini siriani rimpatriati, sfollati con la forza dalle loro case e dai loro villaggi a causa di bande terroristiche armate, hanno ricevuto agevolazioni attraverso procedure semplificate, servizi sanitari e accesso ai loro villaggi e alle loro case sicure», ha dichiarato il direttore del centro di frontiera di Dabousiyah, Fadi Issa, all’agenzia di stampa SANA.
Questo ritorno rientra nel piano del governo uscente di Nayib Mikati di rimpatriare 15.000 rifugiati al mese. Questa strategia è stata messa in discussione da diverse ONG e organizzazioni internazionali, che descrivono questa partenza come pericolosa a causa delle violazioni dei diritti umani in Siria.
È il caso di Amnesty International, che a metà ottobre ha chiesto alle autorità libanesi di fermare il processo, che «è in corso da quattro anni, nonostante sia noto che i rifugiati siriani in Libano non sono in grado di prendere una decisione libera e informata sul loro ritorno».
«Facilitando con entusiasmo questi rimpatri, le autorità libanesi stanno consapevolmente mettendo questi rifugiati siriani a rischio di gravi abusi e persecuzioni al loro ritorno in Siria», ha dichiarato Diana Semaan, vicedirettrice di Amnesty International per il Medio Oriente e l’Africa del Nord.
Il direttore della sicurezza generale Abbas Ibrahim ha dichiarato martedì in una conferenza stampa che il Libano non si sottometterà alle «pressioni», chiarendo che «nessun rifugiato» sarà «costretto al rimpatrio», secondo quanto riportato dal quotidiano «L’Orient Le Jour».
Il primo ministro libanese ad interim, Nayib Mikati, aveva già minacciato a giugno di espellere i rifugiati siriani, sostenendo che il Paese «non ha più la capacità di assumersi questo onere», in una profonda crisi economica e sociale che ha fatto scattare l’allarme internazionale.
Secondo l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), la guerra in Siria ha causato la fuga di circa 5,7 milioni di persone verso altri Paesi della regione, tra cui circa 840.000 che hanno attraversato il confine con il Libano.
Tuttavia, le autorità libanesi stimano che il numero reale sia più vicino a 1,5 milioni di persone, oltre ai circa 480.000 rifugiati palestinesi che vivono nel Paese. La maggiore concentrazione di rifugiati siriani si trova nella Valle della Bekaa (est), vicino al confine con la Siria.