Il silenzio e la reclusione autoimposta hanno portato diversi alleati del presidente in carica del Brasile, Jair Bolsonaro, a dubitare di lui come leader dell’opposizione e a esortarlo ad agire come tale.
La leadership del suo partito, il Partito Liberale (PL), ha criticato duramente l’ostracismo volontario di Bolsonaro, dicendogli che il tempo di «leccarsi le ferite» causate dalla sua sconfitta alle elezioni è finito, secondo quanto riportato dal quotidiano «O Globo».
I suoi detrattori sostengono che, se continuerà con questo atteggiamento, potrebbe cadere nell’irrilevanza e perdere gran parte del sostegno conquistato nonostante il risultato elettorale. Una posizione che contrasta con quella di alcuni suoi seguaci, che continuano a protestare contro la vittoria di Luiz Inácio Lula da Silva.
La sua decisione di non partecipare alla riunione del G20 in corso a Bali, in Indonesia, è stata criticata anche dai suoi alleati, che ritengono che avrebbe dovuto sfruttare la sua agenda internazionale per contrastare l’influenza di Lula, che questa settimana sarà presente in Egitto al vertice delle Nazioni Unite sul clima (COP27).
All’interno del PL è diffusa la lamentela per l’apatia dimostrata da Bolsonaro dopo aver appreso i risultati di un’elezione di cui non ha riconosciuto apertamente l’esito. Il partito sostiene che sia giunto il momento di voltare pagina e di porsi come leader dell’opposizione in vista di una possibile candidatura nel 2026.
Lo stesso Lula ha dichiarato la scorsa settimana che è giunto il momento che «il presidente riconosca pubblicamente la sua sconfitta, rifletta e si prepari tra qualche anno a essere nuovamente candidato», poiché «nessuno crederà ai discorsi golpisti di chi ha perso le elezioni».
Nemmeno Bolsonaro ha risposto alle critiche del suo rivale. Dopo la sconfitta del 30 ottobre, il leader dell’estrema destra si è rinchiuso nella sua residenza ufficiale, Palazzo Alvorada, dove ha ricevuto i suoi ministri e alleati, e ha limitato le sue apparizioni sui social network.