
Sabato le autorità australiane hanno iniziato a rimpatriare 60 donne sposate con combattenti jihadisti dello Stato Islamico e i loro figli, tutti finora detenuti nel campo di Roj, nel nord-est della Siria.
Le prime quattro donne e i loro 13 figli sono arrivati a Sydney sabato nella prima fase di questa iniziativa, considerata dalle autorità australiane un processo estremamente delicato.
Il campo di Roj, come quello di Al Hol, ospita, tra gli altri, donne e bambini che vivevano in aree controllate dallo Stato Islamico da cui erano stati espulsi durante le campagne militari per porre fine al dominio territoriale del califfato.
Entrambi sono caratterizzati da alti livelli di violenza e dalla presenza di combattenti jihadisti che tengono sotto minaccia una popolazione indottrinata. Le autorità interrogheranno quindi le mogli (o le vedove) dei combattenti jihadisti sulle loro attività nel campo di detenzione, come riporta il «Sydney Morning Herald».
Save the Children ha accolto con favore il ritorno delle donne e dei bambini. «Per più di tre anni sono rimasti intrappolati in campi squallidi, dove molti di loro hanno vissuto in tende non isolate in climi estremi, con accesso limitato a cibo nutriente, senza istruzione formale e con cure mediche inadeguate», lamenta l’ONG.
«Il governo australiano ha fatto la cosa giusta e corretta per questi bambini innocenti e per le loro madri. Hanno dato a questi bambini una speranza per il loro futuro e hanno riposto la loro fiducia nella forza dei sistemi giudiziari, di reinsediamento e di sicurezza nazionale australiani per sostenere la loro integrazione sicura nella società australiana», afferma Mat Tinkler, direttore esecutivo di Save the Children Australia.
L’ONG è ora pronta ad assistere i servizi statali di assistenza all’infanzia e a lavorare con le famiglie per garantire che questi bambini ricevano il sostegno necessario per reinserirsi nello stile di vita australiano.