
L’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, Volker Turk, ha chiesto martedì una riduzione «urgente» della violenza nella Repubblica Democratica del Congo, dove più di una dozzina di civili sono stati uccisi, almeno 40 feriti e più di 90.000 persone sono state costrette a fuggire dalle loro case.
«La situazione della sicurezza nell’est della RDC si sta rapidamente deteriorando e minaccia una catastrofe per i diritti umani», ha dichiarato, riferendosi ai combattimenti sulla scia delle avanzate del gruppo ribelle Mouvement 23 March (M23).
Ha esortato le parti a scegliere la via della pace «abbracciando il dialogo», poiché ulteriori scontri porteranno solo «più dolore e sofferenza per più persone». Turk ha inoltre ricordato l’obbligo di proteggere i civili in conformità con il diritto umanitario e l’accesso umanitario a chi ne ha bisogno.
L’Alto Commissario ha inoltre espresso preoccupazione per la recrudescenza di discorsi di odio a sfondo etnico, nonché per l’aumento della disinformazione e dei discorsi negativi contro la missione di stabilizzazione delle Nazioni Unite nella Repubblica Democratica del Congo (MONUSCO).
«Le autorità devono prendere tutte le misure necessarie per affrontare i discorsi d’odio, a prescindere da chi siano rivolti, e per proteggere i giornalisti e gli altri operatori dei media, alcuni dei quali hanno riferito di essere stati minacciati e molestati dall’inizio del nuovo ciclo di ostilità, nel tentativo di influenzare le loro notizie», ha affermato.
L’M23, composto principalmente da tutsi, ha ripreso le armi nel 2021 e negli ultimi giorni è riuscito a conquistare le città di Kiwanja e Rutshuru, situate lungo la strada principale che serve Goma, la capitale della provincia del Nord Kivu, nell’est del Paese, che confina con il Ruanda. Gli esperti delle Nazioni Unite hanno accusato l’Uganda e il Ruanda di sostenere i ribelli, sebbene entrambi i Paesi abbiano negato di averlo fatto.
L’M23 è accusato dal novembre 2021 di aver compiuto attacchi contro le postazioni dell’esercito nel Nord Kivu, nonostante le autorità congolesi e l’M23 abbiano firmato un accordo di pace nel dicembre 2013, dopo i combattimenti del 2012 con l’esercito, sostenuto dalle truppe delle Nazioni Unite.
Le relazioni tra la RDC e il Ruanda sono in crisi da quando sono arrivati in massa nell’est della RDC gli hutu ruandesi accusati di aver massacrato i tutsi durante il genocidio ruandese del 1994. Dopo un periodo di distensione diplomatica, il conflitto ha ripreso intensità a maggio, quando il governo congolese ha convocato l’ambasciatore ruandese per denunciare il presunto sostegno del Paese all’M23.






