
Il cambio di governo ha riacceso il dibattito sulle politiche migratorie in Italia, con messaggi che riecheggiano il primo periodo dell’ultradestra al potere e che pongono nuovamente sul tavolo diversi modi di affrontare un dramma che solo quest’anno ha visto più di 88.000 arrivi sulle coste italiane e più di 1.300 morti o scomparsi.
Le principali argomentazioni del nuovo governo italiano, guidato da Giorgia Meloni, ruotano attorno alla presunta mancanza di solidarietà europea e ai sospetti sulle attività delle ONG, che le autorità continuano ad accusare di incoraggiare la migrazione dispiegando imbarcazioni di salvataggio nel Mediterraneo centrale.
Il Ministero dell’Interno italiano ha dichiarato lunedì che quest’anno sono già arrivate sulle sue coste circa 88.100 persone, più delle 55.794 registrate in tutto il 2021 e delle 30.416 del 2020, anni in cui però si è registrato un calo generale dell’immigrazione a causa delle restrizioni alla mobilità applicate in tutto il mondo a causa della pandemia COVID-19. Secondo il governo, solo a novembre sono sbarcati più di 2.800 migranti.
Per nazionalità, egiziani, tunisini, bangladesi, siriani e afghani sono in cima alla lista, mentre il numero di minori non accompagnati si avvicina a 10.000 – almeno 9.930 al 31 ottobre, secondo i dati ufficiali.
Le ONG e le agenzie delle Nazioni Unite, da parte loro, sottolineano l’altra faccia della medaglia, quella di coloro che cercano protezione nell’Europa meridionale dopo un lungo viaggio la cui penultima tappa è la Libia, un Paese segnato dal conflitto per più di un decennio e dove sono stati denunciati abusi di ogni tipo su migranti e rifugiati.
Le organizzazioni per i diritti umani insistono sul fatto che la Libia non può in alcun modo essere considerata un porto sicuro per autorizzare i rimpatri, ma all’inizio di ottobre il numero di sbarchi nel Paese nordafricano superava già i 16.600, tutti opera di una Guardia Costiera messa in discussione anche per le sue pratiche repressive.
Il dato, elaborato dall’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM), si aggiunge a quello di coloro che perdono la vita nel tentativo di compiere il salto finale verso l’Europa. Dal 2014, più di 25.000 migranti sono morti nel Mediterraneo, di cui quasi 20.200 nell’area centrale, che si collega all’Italia.
Solo quest’anno, 1.337 migranti e rifugiati sono morti in questa parte del Mediterraneo, quindi non si esclude la cifra di 1.567 vittime per il 2021, che è stato l’anno più letale dal 2017. L’anno recente peggiore in termini di vittime è stato il 2016, con 4.574, anche se l’ONU ha avvertito che non dispone di registri di tutti i casi e che si tratta di approssimazioni statistiche.
È ancora più difficile stabilire quante persone perdano la vita lungo il percorso, anche in terra africana. In tutto il Nord Africa, l’OIM ha registrato finora 527 morti, di cui 88 nel deserto del Sahara, anche se in zone così inospitali molti muoiono senza lasciare traccia.






