
La regione di Kherson è diventata nelle ultime settimane uno dei principali focolai di combattimenti tra le forze ucraine e quelle russe, in balia di una popolazione costretta a fuggire in massa da un’area che manca anche dei più elementari rifornimenti e dove esistono già «città fantasma».
Un team dell’Ufficio delle Nazioni Unite per il Coordinamento degli Affari Umanitari (OCHA) ha recentemente visitato alcuni dei villaggi che sono stati consegnati alle autorità ucraine nelle ultime settimane dopo mesi di inaccessibilità sotto il controllo russo.
Villaggi come Visokopilliya, Novovorontsovka, Novooleksandrivka e Borivska stanno lentamente cercando di ritrovare il polso della normalità perduta, anche se, come sottolinea il portavoce dell’OCHA Saviano Andreu, ciò sembra difficile in un Paese in cui il conflitto è ancora in corso e Kherson è uno dei principali punti focali della disputa.
In un’intervista rilasciata a Europa Press, Abreu racconta che ci sono città come Visokopilliya che sono praticamente deserte: prima della recrudescenza del conflitto avevano una popolazione di oltre 10.000 abitanti e ora superano a malapena il migliaio. «L’impressione che ho avuto è stata quella di entrare in una città fantasma», racconta, «scioccato» da ciò che ha visto sul terreno.
Coloro che rimangono in queste aree persistono o perché lo vogliono o perché non hanno avuto scelta – ci sono persone anziane o vulnerabili. D’altra parte, pochi osano tornare, anche se alcuni ucraini hanno fatto questo passo dopo la liberazione e, alla domanda su eventuali «paure», rispondono: «È la mia casa».
L’OCHA sta lavorando per migliorare l’assistenza umanitaria in queste enclavi, collaborando con le autorità fedeli al governo di Volodymyr Zelensky. Nel caso dell’amministrazione di Kherson, l’omonima capitale rimane sotto il dominio russo, quindi l’ufficio del governatore si trova a Krivói Rog, nella vicina Dnipropetrovsk.
Nelle ultime settimane Mosca e Kiev si sono scambiate accuse di un’imminente offensiva su larga scala e le autorità russe hanno gestito l’evacuazione di decine di migliaia di persone dalla città di Kherson, facilitando il loro trasferimento sulla riva destra del fiume Dnipro.
L’OCHA non dispone di informazioni su questo processo, poiché non ha «accesso» alle aree controllate dalle forze russe e Mosca non collabora nel fornire informazioni, nemmeno per verificare i dati, quindi al momento evita di speculare su possibili trasferimenti forzati.
Abreu osserva che «alle persone restano poche opzioni» quando gli unici messaggi che ricevono sono che «ci sarà sempre più distruzione», ma chiede che tutti coloro che vogliono spostarsi possano farlo «in sicurezza» e «nel luogo che decidono».
Il portavoce dell’OCHA ricorda che il diritto umanitario internazionale stabilisce che tutte le parti in guerra sono obbligate non solo a consentire l’arrivo degli aiuti e l’assistenza ai civili, ma anche a «facilitare» questo lavoro, che può essere fondamentale per la sopravvivenza di una popolazione che «sta pagando un prezzo molto alto».
Il diritto internazionale vieta anche gli attacchi alle infrastrutture civili o alle reti di approvvigionamento di base, ma la realtà è ben lontana da questi presunti impegni. A Mikolaiv, ad esempio, la distruzione di un canale di approvvigionamento idrico sul lato russo ha portato a tagli dell’acqua da aprile, sottolinea Abreu.
Senza acqua, senza elettricità, senza gas e con pochissimi beni di prima necessità – i mercati hanno riaperto in alcune aree, ma le forniture rimangono «molto scarse» – i civili dipendono dagli aiuti esterni. I frequenti bombardamenti complicano il lavoro di riparazione e ricostruzione, anche se è altrettanto essenziale.
«Non credo di aver visto una sola casa che non avesse qualche tipo di danno causato dalla guerra», dice il portavoce dell’OCHA, ricordando la sua sosta in uno dei villaggi riconquistati dall’Ucraina e che ora devono prepararsi contro il tempo per un inverno che comincia a mordere. «Fa già molto freddo», avverte.