
Il Ministro degli Esteri iraniano Hosein Amirabdolahian ha avuto una conversazione telefonica con il suo omologo svedese, Tobias Billström, chiedendo la liberazione di Hamid Nuri, cittadino iraniano condannato all’ergastolo per le esecuzioni di massa e le torture di oppositori avvenute nel 1988 in una prigione della città di Karaj.
Secondo l’agenzia di stampa ufficiale iraniana IRNA, nella telefonata Amirabdolahian ha avvertito delle «conseguenze» sulle relazioni bilaterali per la «detenzione illegale» di Nuri.
Il capo della diplomazia iraniana ha criticato la «politicizzazione» del caso di Nuri, collegandolo all’Organizzazione dei Mujahedin del Popolo dell’Iran (PMOI), un partito in esilio e un’organizzazione armata.
«Negli ultimi anni alcune questioni hanno influito sulle relazioni tra i due Paesi soprattutto a causa delle azioni di un terzo attore», ha dichiarato Amirabdolahian.
Nuri è stato arrestato nel Paese europeo nel novembre 2019, dopodiché è stato aperto un processo contro di lui nel 2021 per il suo ruolo nell’uccisione di migliaia di persone.
Le esecuzioni sono state eseguite a seguito di un editto segreto emesso dall’allora grande leader della Rivoluzione islamica, l’ayatollah Ruhollah Khomeini, dopo un’incursione armata in Iran da parte del PMOI, un gruppo di opposizione con sede in Iraq messo fuori legge dalle autorità iraniane, secondo il rapporto pubblicato da Amnesty nel 2018.
L’ordine di Khomeini arrivò nelle fasi finali della guerra Iran-Iraq (1980-1988), in cui il PMOI, che partecipò attivamente alla rivoluzione che rovesciò lo scià Reza Pahlevi con un discorso islamista misto a un adattamento dell’ideologia marxista, combatté al fianco del regime di Saddam Hussein dopo aver denunciato l’operato della leadership religiosa insediata dagli ayatollah.
Il gruppo è stato perseguitato dalle autorità religiose iraniane, il che ha portato l’allora leader del gruppo, Masud Rajavi, a stringere un patto con Hussein nel 1986, nel bel mezzo della guerra tra i due, che ha portato la Guida suprema iraniana a ordinare l’esecuzione di presunti membri e simpatizzanti dell’organizzazione.