Il governo ivoriano ha annunciato il ritiro del suo contingente dalla Missione integrata multidimensionale di stabilizzazione delle Nazioni Unite in Mali (MINUSMA), in mezzo alle tensioni bilaterali seguite all’arresto, a maggio, di quasi 50 militari ivoriani a Bamako.
La missione permanente della Costa d’Avorio presso le Nazioni Unite ha comunicato all’organismo internazionale «la decisione di ritirare gradualmente il personale militare e di polizia ivoriano schierato all’interno della MINUSMA», secondo una lettera consegnata al Dipartimento per le operazioni di pace.
«L’alleggerimento della compagnia di protezione con sede a Mopti e il dispiegamento di ufficiali di stato maggiore e di polizia, previsti per ottobre e novembre 2022, non possono essere effettuati», ha spiegato, prima di precisare che Yamoussoukro «non prevede di alleggerire i militari e gli altri elementi presenti nella forza MINUSMA nell’agosto 2023».
Ha sottolineato che informerà le Nazioni Unite delle «misure appropriate che prenderà per attuare immediatamente questa decisione», mostrando la sua «volontà di rimanere impegnato al servizio della pace», secondo i media maliani.
Ha sottolineato che il governo ivoriano «è pronto a riassegnare le truppe ritirate dal Mali ad altre missioni di pace dell’ONU», senza che l’organizzazione internazionale abbia per il momento rilasciato alcuna dichiarazione sul contenuto della lettera.
A settembre, la Costa d’Avorio ha denunciato un «ricatto inaccettabile» da parte della giunta militare maliana sulla situazione degli oltre 40 soldati ivoriani detenuti a luglio all’aeroporto della capitale, accuse respinte dal Mali.
La giunta militare maliana ha fatto arrestare 49 soldati della Costa d’Avorio come «mercenari» quando sono sbarcati a Bamako. Secondo Yamoussoukro, i soldati avevano il compito di dare il cambio alle truppe di sicurezza della MINUSMA presso l’aeroporto della capitale.
L’annuncio arriva pochi giorni dopo che il presidente francese Emmanuel Macron ha ufficializzato la fine dell’Operazione Barkhane nel Sahel, con il ritiro delle truppe internazionali a causa delle tensioni con la giunta militare per il rinvio delle elezioni dopo i colpi di stato dell’agosto 2020 e del maggio 2021.