
L’Associazione birmana per la cura dei prigionieri politici (AAPP) ha avvertito di essere riuscita a identificare solo 72 prigionieri imprigionati per motivi puramente ideologici tra i quasi 6.000 prigionieri amnistiati martedì sera dalla giunta militare golpista del Paese, che ha accusato di «mancanza di trasparenza» nel divulgare le informazioni sui rilasci.
«Dall’annuncio del 16 novembre del rilascio dei 5.774 prigionieri, l’AAPP può solo confermare che solo 72 prigionieri politici sono stati rilasciati e siamo obbligati a essere molto cauti nel verificare un numero superiore», secondo una dichiarazione rilasciata venerdì dall’organizzazione, una delle poche associazioni che ha tenuto un conteggio dettagliato delle vittime della repressione militare dopo il golpe del febbraio 2021.
L’AAPP ricorda che nel Paese sono ancora imprigionati «decine di migliaia di prigionieri politici», tra cui la leadership del governo birmano democraticamente eletto prima del colpo di Stato, con a capo la Consigliera di Stato, Premio Nobel per la Pace e leader della Lega Nazionale per la Democrazia (NLD), Aung San Suu Kyi.
Tra i beneficiari dell’amnistia figurano il consigliere economico australiano dell’LDN, Sean Turnell, l’ex ambasciatore britannico Vicky Bowman e suo marito, Ko Htein Lin, il giornalista e documentarista giapponese Toru Kubota e il botanico americano Kyaw Htay Oo.
Tuttavia, il segretario dell’AAPP Tate Naing sottolinea che «molti di questi amnistiati politici avevano già scontato le pene detentive a cui erano stati condannati», senza contare che la maggior parte di questi prigionieri «sono stati condannati con accuse infondate, processati con accuse casuali e detenuti senza un motivo apparente».
I prigionieri politici che rimarranno in carcere dopo l’amnistia, avverte l’AAPP, continueranno a «subire torture fisiche e mentali quotidiane, mentre gli arresti, gli incendi dolosi, le torture e le uccisioni da parte della giunta militare persistono in tutto il Paese».
Infine, l’AAPP ricorda che, secondo la sua valutazione del 16 novembre, più di 13.000 persone sono ancora detenute dal Consiglio militare birmano, la cui repressione ha causato la morte di quasi 2.500 persone. «Gli autori di questi arresti arbitrari, torture e uccisioni devono essere puniti e chiediamo con forza agli attori internazionali di intraprendere azioni più efficaci contro il regime della giunta», ha dichiarato l’associazione nel suo comunicato.