L’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) ha sollecitato mercoledì la Commissione europea a recuperare quasi 11 milioni di euro di fondi europei utilizzati dall’Ungheria per finanziare un sistema regionale di gestione dei rifiuti che, lungi dall’avere un impatto positivo sull’ambiente, ha causato gravi problemi, tra cui incendi ed emissioni pericolose.
Il campanello d’allarme dell’agenzia antifrode dell’UE giunge nel momento in cui si discute del congelamento dei fondi al governo di Viktor Orban per problemi di frode e corruzione nell’uso delle risorse dell’UE, questione per la quale Bruxelles ha proposto di congelare fino a 7,5 miliardi di euro di fondi regionali.
La decisione, che spetta all’UE-27, è sospesa in attesa di una nuova valutazione da parte dei servizi dell’Unione europea per stabilire se Budapest abbia rispettato le riforme promesse per evitare la sanzione, poiché le autorità del Paese avevano tempo fino al 19 novembre per approvare e attuare le modifiche legislative necessarie.
In ogni caso, le irregolarità riscontrate nell’indagine dell’agenzia antifrode europea indicano problemi in quattro progetti sviluppati nel corso di diversi anni, che vanno da «errori di pianificazione e progettazione» al mancato rispetto degli obiettivi di efficienza e protezione ambientale stabiliti.
«I problemi con i progetti hanno portato a diversi incendi, con emissioni pericolose e un impatto molto negativo sulla qualità dell’aria, oltre a un odore terribile che per anni ha infastidito gli abitanti dei comuni circostanti», ha dichiarato il direttore generale dell’OLAF Ville Itälä in un comunicato.
Secondo gli esperti europei, i progetti prevedevano l’installazione di un’unità di trattamento meccanico-biologico dei rifiuti per la produzione di biocarburanti, che sarebbero poi stati venduti per la produzione di energia.
Tuttavia, a causa della scarsa qualità dei combustibili, gran parte della produzione non ha trovato uno sbocco dopo il trattamento ed è rimasta nell’impianto di gestione dei rifiuti, il che ha poi portato a due gravi incendi, il primo dei quali ha distrutto l’infrastruttura finanziata dall’UE, sebbene l’operatore l’abbia poi ricostruita a proprie spese.
Un’altra irregolarità è che, in seguito agli incendi e ad altri frequenti guasti della tecnologia disponibile, grandi quantità di rifiuti organici sono state distrutte nello stesso deposito senza essere state trattate adeguatamente in precedenza.
L’analisi dell’OLAF indica anche che ci sono state manifestazioni sociali di protesta contro gli incidenti, al punto che il responsabile del progetto ha infine deciso di non utilizzare più l’impianto di trattamento e di trasportare circa il 60% dei rifiuti comunali in un altro luogo, contrariamente agli obiettivi del progetto.