Centinaia di manifestanti contro il nuovo governo peruviano hanno circondato l’aeroporto di Andahuaylas, nel sud del Paese, per chiedere l’immediata convocazione delle elezioni in seguito alla destituzione dell’ex presidente Pedro Castillo, indagato per aver compiuto un colpo di Stato, e avrebbero bloccato l’uscita di una cinquantina di persone all’interno della struttura.
La Corporazione peruviana degli aeroporti e dell’aviazione commerciale (CORPAC) ha comunicato di aver proceduto alla chiusura dell’aeroporto a causa delle proteste, alle quali stanno rispondendo con un dispiegamento di oltre 150 agenti della polizia peruviana.
I manifestanti hanno bloccato gli ingressi dell’aeroporto con pneumatici in fiamme e hanno risposto con pietre ai gas lacrimogeni sparati dalla polizia.
La CORPAC, a sua volta, ha denunciato gravi danni alla «pista e alle attrezzature indispensabili per fornire i servizi di navigazione aerea».
«Hanno anche incendiato la sala trasmissioni, la sala carburante e circondato con atti di violenza l’aerostazione, dove si trovano 50 agenti di polizia e dipendenti della nostra compagnia», si legge in un comunicato dell’istituzione.
La CORPAC ha chiesto «il sostegno e il rafforzamento delle autorità competenti alla Polizia nazionale, al fine di proteggere le vite delle persone tenute in ostaggio». Nella città di Andahuaylas, le proteste hanno provocato almeno 21 feriti, tra cui due poliziotti.
Altri gruppi di manifestanti hanno minacciato domenica di paralizzare le miniere di rame di Las Bambas e Antapaccay se non verrà sciolto il Congresso e non verranno indette immediatamente le elezioni per eleggere un nuovo presidente, visto il loro rifiuto del nuovo presidente, Dina Boluarte.
Il presidente delle comunità contadine del distretto di Haquira, Valentín Roque, ha dichiarato al quotidiano «La Republica» che intendono «bloccare la strada che porta alla compagnia mineraria Las Bambas per protestare contro la vacanza di Pedro Castillo».
«Marceremo fino a Las Bambas, perché siamo contro il Congresso, perché non ci rappresenta e nemmeno la signora Boluarte», ha aggiunto.
I sindacati e le organizzazioni sociali di Arequipa, la seconda città più popolosa del Paese, hanno annunciato che le proteste continueranno. La Federazione dei lavoratori dell’istruzione e la Federazione dipartimentale dei lavoratori di Cuzco, sempre nel sud del Perù, hanno dichiarato che si uniranno a uno sciopero nazionale di 24 ore il 15 dicembre, secondo gli stessi media.