Lunedì il governo giapponese si è nuovamente scusato per le dichiarazioni «deplorevoli» e «scandalose» dell’ex consigliere del Primo Ministro, Fumio Kishida, licenziato dopo aver criticato il matrimonio omosessuale.
«Il primo ministro Kishida aspira a una società inclusiva», ha dichiarato lunedì il capo di gabinetto Hirokazu Matsuno a una commissione parlamentare, scusandosi nuovamente «con tutti coloro che si sono sentiti feriti».
Matsuno ha definito i commenti «oltraggiosi», «deplorevoli» e «totalmente incompatibili» con le politiche di un governo che non tollera discriminazioni e pregiudizi basati sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere, come riporta la rete televisiva giapponese NHK.
Sabato Masayoshi Arai, fino a quel momento segretario esecutivo del primo ministro, è stato rimosso dal suo incarico dopo aver dichiarato ai giornalisti che «non vorrebbe vivere accanto» a una coppia LGTBI e che addirittura «odierebbe vederla». In seguito al clamore suscitato, ha cercato di ritrattare rapidamente la sua dichiarazione, ma alla fine è stato licenziato.
Il Giappone è una delle principali economie mondiali senza una legislazione sulle unioni matrimoniali per le coppie dello stesso sesso. Il governo conservatore del Partito Liberal Democratico di Kishida ha già respinto le richieste di una legge di questo tipo in vista del vertice del G7 di quest’anno nella città di Hiroshima.
Sebbene le osservazioni di Arai siano state rapidamente censurate da Kishida, esse sono giunte in un contesto in cui il primo ministro ha avvertito il suo governo della necessità di «esercitare un’estrema cautela» nei dibattiti su questo tema, sapendo che gran parte del suo elettorato fa parte dei settori più anziani della popolazione ed è ancora avverso a questo tipo di progresso sociale.
Un sondaggio condotto dal quotidiano Mainichi e dall’Università di Saitama tra novembre 2021 e gennaio 2022 ha rilevato che il 71% degli intervistati di età compresa tra i 18 e i 29 anni ritiene che il matrimonio tra persone dello stesso sesso debba essere legalmente riconosciuto. La percentuale è scesa al 25% tra coloro che hanno più di 70 anni, riporta Bloomberg.
Fonte: (EUROPA PRESS)